Cominciato nel 2019, siamo arrivati al quarto appuntamento con le mie cinque immagini preferite.
È un piccolo rito che mi piace mantenere, anche se questa volta con un po’ di ritardo, perché mi permette da un lato di rivedere le immagini che ho condiviso con voi e di riviverne l’emozione; e dall’altro di raccontarvi qualcosa in più dell’esperienza vissuta e del contesto in cui sono nate.
Il 2021 ha in gran parte disatteso quella promessa di normalità che tutti rincorrevamo e nel mio caso è stato per vari motivi un anno un po’ avaro di viaggi, grandi e piccoli, e di quelle immersioni nel mondo naturale che tanto riescono a donarmi in termini di esperienza e di ricordi profondi.
Scelgo comunque sempre fra le foto condivise nell’anno precedente, non necessariamente scattate; e comunque non posso dire di non aver avuto stimolanti occasioni fotografiche, incontri interessanti ed emozioni…
La luce del bosco
Siamo nel cuore della faggeta vetusta del Monte Cimino, nel Lazio, eletta nel 2017 Patrimonio naturale dell'umanità dall'Unesco.
Le foreste vetuste, di enorme importanza per la conservazione e la biodiversità, sono boschi in cui il ciclo vitale degli alberi è completamente naturale e non definito o limitato dall'intervento dell'uomo.
Risparmiati dal prelevamento di legname o dalla 'pulizia' che fino agli anni '50 / '60 veniva affidata agli abitanti dei borghi limitrofi, in questi ecosistemi convivono alberi di generazioni diverse che nascono, crescono e infine muoiono di 'morte naturale', decomponendosi lentamente e divenendo l'habitat ideale per molte specie di funghi, muschi, insetti e altri animali; oltre che nutrimento per il terreno.
Quello che ai nostri occhi può apparire come disordine altro non è che il meraviglioso ciclo della vita.
E quale stagione meglio dell’autunno veste questi magici ambienti di luce e colori ricolmi di poesia?
Baciato dal sole
Avventurarsi nel bosco talvolta può regalare incontri graditi e inattesi.
Qui siamo in una faggeta del Parco nazionale d’Abruzzo, faccia a faccia con uno dei suoi abitanti più belli.
Sotto la luce calda di un tenue sole invernale, uno scambio di sguardi, un paio di scatti e poi avanti, ognuno per la sua strada.
La sua confidenza è tuttavia un grande pericolo per la sua incolumità e quello che a noi potrebbe sembrare innaturale e in qualche modo sbagliato, cioè ignorarlo, mantenersi a distanza e sopratutto non dargli nulla da mangiare, saranno il regalo più grande che potremo fare a lui e a qualsiasi specie selvatica in cui dovessimo imbatterci.
Lago di Barrea
Un freddo mattino di autunno inoltrato, la nebbia che lentamente si alza dalla superficie di un lago assetato.
I disegni dell’acqua si fanno strada sulla superficie fangosa e guidano il nostro sguardo verso il paese che in lontananza, pigramente, si sveglia.
C’è sempre un qualcosa di magico nell’intermezzo fra notte e giorno, quando il paesaggio comincia a rivelarsi ai nostri occhi ma lascia ancora qualcosa di sottinteso, di immaginario.
Ed esserne testimoni silenziosi porta ogni volta con sé un pizzico di magia.
Passeggiata al crepuscolo
L’incontro con il selvatico porta sempre con sé emozioni profonde, ancestrali. Ancor di più quando avviene su crinali isolati, lontani dall’uomo, immersi nella tenue luce di un giorno che volge alla fine.
Qui siamo in un’area remota del Parco nazionale d’Abruzzo, nascosti da tempo sotto un telo mimetico in attesa di quell’attimo di vicinanza e di magia; il suono del respiro potente, l’odore penetrante, il terreno che vibra al ritmo dei suoi passi. Qualche istante, molti scatti silenziosi e il bellissimo esemplare di cervo continuerà per la sua strada, pronto per nuovi combattimenti, per perpetrare la ritualità della vita.
Poggio rosso
Qui siamo sulle colline chiantigiane, immersi nei vitigni, nel canto degli uccelli, nel ronzio degli insetti.
Quello davanti a noi è il Poggio Rosso, dove cresce l’uva che verrà sapientemente trasformata nell’omonimo vino.
Rosso perché è su di esso che il sole si appoggia per l’ultima volta ogni giorno prima di ritirarsi colorandone i pendii. Restare lì, in contemplazione, ad attendere che il quotidiano rituale si esaurisca è una di quelle piccole cose che sanno emozionare, ancora, e ridare quel pizzico di serenità che troppe volte stentiamo a trovare.
Poi, naturalmente, un bicchiere di vino non ce lo leva nessuno…